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LO SCIALPINISMO ALLE OLIMPIADI... WHY NOT?

Maurizio Torri
31/12/2009

INTERVISTA AL VICE PRESIDENTE ESECUTIVO FISI X LO SKI ALP FABIO MERALDI

Un tempo sport di nicchia praticato alla bell’e meglio da uno sparuto gruppo di irriducibili, negli ultimi anni sta crescendo a vista d’occhio. Complice l’attenzione dei media sempre più attratti dalla spettacolarità della disciplina e performance atletiche paragonabili a quelle professionistiche, lo skialp sta cominciando a pensare in grande

«La ISMF, la nostra federazione internazionale, sta lavorando sia sul fronte politico, sia su quello organizzativo per colmare l’ultimo gap che ci separa da un possibile traguardo olimpico – ha confermato senza mezzi termini l’ex campionissimo della specialità Fabio Meraldi -. Se il 2014 è troppo vicino, il 2018 è di sicuro un traguardo alla nostra portata. Ciò che ci manca sono i numeri a livello di nazioni e un maggiore coefficiente di sicurezza nelle gare. Su entrambi i fronti molto è stato fatto». Entrando nei dettagli, ha proseguito: «Ai mondiali attualmente prendono parte circa una quindicina di nazioni. Ci manca davvero poco per avere quella universalità richiestaci dal CIO».

Per quanto riguarda invece il non trascurabile tema sicurezza?

«Le grandi classiche sono divenute famose per gli ambienti e i suggestivi scenari nelle quali si svolgono. Sto parlando di canalini ripidissimi e creste scoscese. Ebbene, per sognare un futuro olimpico si è pensato di concepire una Coppa del Mondo in aree più omologabili e sicure; aree accessibili al pubblico e dove i parametri di sicurezza sono ovviamente più elevati. Ciò non toglie che anche in simili contesti si possa creare un percorso tecnico, spettacolare e che faccia prevalere l’atleta più forte. Poche settimane fa a Pila abbiamo toccato con mano la bontà di tale progetto con gare sprint, notturna in pista e pursuit finale. Gare che hanno riscosso un grosso successo anche a livello mediatico».

La strada da perseguire è quindi grandi classiche da una parte e gare per nazionali dall’altra?

«Penso proprio di si. Dobbiamo considerare che non sempre un’olimpiade viene assegnata a zone con cime impervie. In prospettiva futura dobbiamo essere in grado di fare gareggiare i nostri ragazzi anche in contesti che si discostano da quelli sin’ora visti».

Per sdoganare il movimento la gara di CdM in Sicilia sembra quindi la classica ciliegina sulla torta?

«Per il movimento scialpinistico è un’occasione d’oro sia per l’appeal dell’Etna, sia per il fatto che finalmente anche le regioni meridionali stanno aprendo le loro porte alle nostre gare».

Il catapultare questa manifestazione in Coppa del Mondo senza la dovuta “gavetta” non ti preoccupa?

«A livello organizzativo i siciliani si avvarranno della professionalità e dell’esperienza di Stefano Mottini e del suo staff. Sono fiducioso che tutto andrà bene. Ovviamente, per il buon esito della gara, il meteo conterà eccome».

Per quanto riguarda la nazionale, obiettivi 2010?

«Sono ovviamente i mondiali. Lo scorso anno abbiamo fatto decisamente bene, ma ripetersi non è mai facile soprattutto contro avversari non certo intenzionati ad alzare bandiera bianca. Noi comunque stiamo lavorando bene ed abbiamo ottimi elementi; sono quindi fiducioso».

A proposito di atleti, quali sono le nostre punte di diamante?

«Fare dei nomi non è mai bello, soprattutto quando si punta sul gruppo. Proprio perché obbligato direi che Robert Antonioli e Michel Boscacci sono il presente e il futuro di questo sport. Se a livello femminile Roberta Pedranzini è la nostra atleta più rappresentativa, al maschile mi piacciono molto Lorenzo Holzknecht e Manfred Reichegger».

Prima si è parlato di futuro. Cosa state facendo per avvicinare i giovani allo scialpinismo?

«La nazionale è una sorta di rappresentativa delle rappresentative. In azzurro corrono solo gli elementi migliori con il preciso intento di fare risultato; o quanto meno provarci. Il compito di fare crescere gli atleti è delegato agli sci club e di conseguenza ai vari comitati regionali. Molti di questi stanno facendo un ottimo lavoro; mi riferisco a Alpi Centrali, Asiva e Veneto. Spero che altri seguano presto il loro esempio».

Ultima domanda, ovviamente un po’ pepata: lo scialpinismo si sente ancora il brutto anatroccolo in casa FISI?

«No, mai pensato. Non siamo sport olimpico e dobbiamo faticare più degli altri per farci notare, ma noi scialpinisti siamo tenaci e con la forza dei risultati sapremo ritagliarci il giusto ruolo».