Adriano Greco
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INTERVISTA AD ADRIANO GRECO

Sottotitolo: 
Panoramica a 360° sul mondo dello skialp

Maurizio Torri
8/2/2012
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Proprio in questi giorni esce  il suo libro dal titolo  “Scialpinismo classico e agonistico”....

Sarà per il fascino di scenari mozzafiato resi ancora più suggestivi dai rigori invernali, sarà per le brezza di lunghe sciate in fuori pista, sarà per l’acume di organizzatori molto attenti a quelli che sono i trend del momento, sta di fatto che lo scialpinismo è, numeri alla mano, lo sport  invernale con maggiore trend di crescita. A dirlo sono i numeri dei tesseramenti FISI e il mercato dell’outdoor che sempre più sta investendo su questa disciplina.

 

Per capire e raccontarvi l’evoluzione della specialità abbiamo intervistato una delle icone dello skialp: Adriano Greco. Vincitore di moltissime gare al fianco de “Le Roi” Fabio Meraldi,  a lui va il merito di avere cresciuto tantissimi giovani talenti. Per anni selezionatore tecnico della nazionale è attualmente uno dei tracciatori più esperti e stimati in ambito internazionale. Non solo, proprio in questi giorni esce in libreria  “Scialpinismo classico e agonistico”, il nuovissimo libro che ha scritto insieme a Paolo Terruzzi

 

 

Cominciamo con un po’ di storia, come si è passati dagli storici rally alle gara attuali?

“Dieri che è stato un passaggio graduale attuatosi negli anni ’90 – ha esordito -. I primi a sperimentare questa nuova formula sono stati i trentini; si è iniziato con prove a cronometro sempre più lunghe sino ad arrivare alla formula attale che fa scattare le lancette dell’orologio al momento del via per fermarle solo al taglio del nastro finale. Un tempo, invece, fare scialpinismo era completamente differente: vi erano fasi di trasferimento con test cronometrati in salita e discesa ai quali, nelle kermesse storiche, si aggiungevano test di abilità nella costruzione di veri e propri igloo ove ripararsi la sera o in caso di intemperie”.

 

 

Greco & Meraldi, Boscacci & Murada, Martinelli & Pedranzini…. Sino ai giovanissimi Boscacci & Antonioli. La storia recente di questo sport ha sempre dei valtellinesi nel ruolo di protagonisti…

“Beh la Valtellina è stata fucina di campioni e continua ad esserlo. Se io e Fabio prima, Ivan e Graziano poi, abbiamo in un certo senso traghettato la specialità verso l’era moderna o per lo meno attuale, non bisogna dimenticare che la bella tradizione valtellinese ha poi continuato a sfornare campioni del calibro di Francesca Martinelli, Roberta Pedranzini, Guido Giacomelli, Lorenzo Holzknecht, il giovane Boscacci (Michele), Robert Antonioli e molti altri validissimi atleti. Atleti che hanno vestito la divisa azzurra conquistando medaglie importanti e vinto molte classiche di livello”.

 

 

Ma come è cambiato negli ultimi trent’anni lo scialpinismo?

“Moltissimo, ma fortunatamente ha mantenuto invariata la passione delle origini. Se i rallisti puntavano tutto sulla discesa tralasciando la preparazione in salita, ora lo scialpinista è un atleta completo che si allena e alimenta con metodo. Un atleta che cura in maniera quasi maniacale l’evoluzione dei materiali per correre e gareggiare con quello che sono i “top di gamma”. Ricordo che nelle prime gare io e Fabio Meraldi abbiamo introdotto sci da 180cm, mentre ottimi discesisti dell’epoca quali Presazzi e “Bianco” avevano spatoloni da 2m. Ora si gareggia addirittura con aste da 160cm che sono assolutamente performanti sia in salita sia in discesa. Non parliamo poi del vestiario, degli attacchi e degli scarponi. Nelle ultime stagioni l’evoluzione dei materiali, la maggiore attenzione delle aziende e la passione sempre crescente per questo sport ha portato la disciplina a crescere in maniera quasi esponenziale”.

 

 

Strizzando l’occhio ai media e prendendo spunto dal fondo, abbiamo assistito all’introduzione di nuove gare e ad una conseguente specializzazione degli atleti

“L’obiettivo che lo skialp si è prefissato per ottenere la giusta considerazione è entrare tra le discipline olimpiche. Per farlo ha scisso quelle che sono le “big race” o “grande course”, competizioni tecniche, alpinistiche e altamente spettacolari, da altre prove sprint decisamente più alla portata della grande massa come le vertical o le relay.  Ciò ha inevitabilmente portato a delle discussioni tra i puristi della disciplina e tra coloro che sono disposti ad accettare questa evoluzione in cambio di una contropartita di grande valore. Al riguardo io penso che sulle nostre montagne c’è spazio per tutti: coloro che amano lo scialpinismo delle origini, fatto di creste, ferrate, canalini e discese in neve fresca, ma anche per quelle specialità che servono a sdoganare questo sport avvicinandolo alle masse”.

 

 

Questa evoluzione si è vista anche su gli atleti, sempre più vicini a livelli professionistici:

 “Al giorno d’oggi lo scialpinismo vanta già dei professionisti di altissimo livello che ai test sotto sforzo hanno parametri molto simili a quelli dei migliori fondisti azzurri. Ma per raggiungere il livello del fondo lo skialp deve ancora farne di strada. Da noi, infatti, l’80% dei praticanti sono poco più che dilettanti. Fare un paragone tra noi e il fondo sarebbe come mettere a confronto il ciclismo professionistico e quello amatoriale. Noi abbiamo un buon livello di base e stiamo crescendo… ma loro sono tutta un’altra cosa. Lo scialpinismo è una disciplina ancora relativamente giovane e per questo si porta dietro delle lacune anche a livello di preparazione che si potranno colmare solo con l’esperienza. Rispetto ai tempi miei e di Meraldi le tecniche di allenamento sono già migliorate ma si tralasciano ancora troppe cose sulla dinamicità e tecnicità della sciata che farebbero fare al movimento un altro importante salto di qualità”.

 

 

 

Focalizzando l’attenzione sugli atleti chi è stato il più grande di sempre? Il più grande di tutti?

“Difficile dirlo visto che alcuni si sono trovati a gareggiare in epoche diverse, realtà diverse e con materiali nettamente differenti. Per questo ti citerò quelli che per me sono e sono stati dei grandissimi. Fabio Meraldi è decisamente quello che ha vinto di più. I suoi 10 Pierra Menta penso che siano un record impossibile da eguagliare. Guido Giacomelli, però, ha un talento unico, innato e ineguagliabile. Diversi atleti sono convinti che con Guido in forma o anche solo all’80% del suo potenziale si possa correre per la seconda piazza; Su un tracciato tecnico e veramente scialpinistico ne sono convinto anche io.  Mi piacciono molto poi  i vari Troillet e Bon Mardion. Tra le giovani leve non dimentichiamo infine Michele Boscacci e Robert Antonioli; due ragazzi e due amici con caratteristiche differenti ma con una classe cristallina. Questi due ci regaleranno grosse soddisfazioni”.