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Luca Maspes realizza la prima assoluta della parete est-sud-est del Piz Morteratsch

Maurizio Torri
27/3/2009

Articolo di Carlo Caccia, redattore del sito http://www.intotherocks.splinder.com

La montagna dei pionieri e delle vie classiche, tra cui la bella Crasta da la Spraunza, si è improvvisamente ringiovanita. Il merito della trasformazione, come abbiamo annunciato un paio di giorni fa, è di Luca Maspes (Rampikino), Emanuel Panizza e Christian Turk che sabato scorso, approfittando del gran freddo, hanno messo a segno la prima salita assoluta della parete est-sud-est del Piz Morteratsch (3751 m), ravvivando una fiamma su cui, guida alla mano, dal lontano 1964 nessuno soffiava più.
Fu infatti in quell'anno, per la precisione il 7 luglio, che il solitario P. Holl tracciò quella che fino a pochi giorni fa era la via più recente del Morteratsch: una linea sullo sperone ovest-nord-ovest che si aggiungeva alla serie inaugurata nel 1858 sulla cresta nord (C.G. Brugger, P. Gensler, K. Emmermann e A. Klaingutti) e proseguita nel 1868 sulla cresta sud-ovest (T.H. Philippot e signora con P. Jenny e A. Flury), nel 1877 lungo il canalone sud (B. Minnigerode e J. Grass), nel 1885 sullo sperone nord-est (P. Güssfeldt e H. Grass), nel 1888 sulla cresta sud-sud-est (C.C. Branch e M. Schocher), nel 1908 sulla già ricordata cresta est-nord-est (Crasta da la Spraunza, P. Schucan e A. Pfister) e infine nel 1911 sulla parete est (J. Frohmann, C. Zippert e N. Kholer). Anche la creazione del 1964 è stata quindi un fulmine a ciel sereno: una prima ascensione, sul poderoso Morteratsch, a più di mezzo secolo dalla precedente. Non ha tuttavia nulla a che fare, in quanto ad impegno, con quella firmata il 21 marzo 2009 dalla cordata di Maspes, riuscito a realizzare uno dei suoi sogni in un gruppo montuoso poco di moda, fuori dai giri, come il Bernina.
Una parete mai salita: una perla assai fragile da prendere con le pinze e al momento giusto. Rampikino pensava da tempo alla Est-sud-est del Morteratsch, che stava in una speciale lista di obiettivi. «Una di quelle cose - spiega il nostro protagonista - che interessano a chi è ossessionato dall'idea di lasciare la propria traccia su terreni mai toccati da nessuno. Per me, patito di vie nuove, la parete interamente vergine è un must, di qualsiasi cosa sia fatta.
Nel caso della Est-sud-est del Morteratsch si tratta di roccia granitoide tutta rotta, che soltanto il gelo riesce a tenere insieme. È forse per questo che anche i pionieri non avevano mai preso in considerazione l'idea di salire di lì: quella parete, con il caldo, diventa il regno delle scariche. Così ci abbiamo provato il primo giorno di primavera che è stato, in pratica, il più freddo dell'inverno! Basti pensare che a 2000 metri, ossia 1500 metri più in basso di noi, il termometro segnava meno 10 gradi». In quelle condizioni Maspes, Panizza e Turk sono riusciti a scalare senza guanti soltanto per brevi tratti, tra cui il tiro "più roccioso" della via.
La quale, battezzata Il grande freddo, si sviluppa per 600 metri complessivi, risolti in 8 ore (più 3 di avvicinamento dal rifugio Boval) con 5 o forse 6 friends, 6 dadi, 10 chiodi da roccia e 4 viti da ghiaccio. Dopo aver salito senza corda i primi 100 metri, lungo una goulotte ghiacciata, i tre amici si sono legati effettuando 7 tiri "lunghi" più un tratto centrale di conserva.
Sotto il notevole muro finale, visto il materiale a disposizione e il freddo (era fastidioso restare in sosta per più di mezz'ora), hanno preferito rinunciare al centro della bastionata piegando leggermente a destra. Il tutto, notate bene, pensando a gente come Pavel Shabalin e soci: i mitici russi capaci di resistere giorni e giorni, in inverno, sulle grandiose muraglie del Caucaso, del Tien Shan e del Pamir.