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SOLO ALLENARSI.. A VOLTE NON BASTA!!!

Maurizio Torri
4/4/2010

STRETCHING SI O STRETCHING NO?

Oggi parliamo di un argomento sempre molto molto "caldo": lo stretching. È davvero così utile? Quando è meglio inserirlo nella seduta d'allenamento?

La lunghezza del muscolo influisce sull'erogazione della forza in determinate posizioni. Un muscolo troppo lungo non sarà in grado di generare tensione vicino al massimo accorciamento, mentre uno corto non permetterà all'articolazione di raggiungere la massima escursione. Le tecniche di allungamento possono contribuire a correggere o ridurre queste alterazioni, ma devono essere applicate in maniera graduale, specifica nei segmenti interessati e, soprattutto, nelle modalità giuste. Purtroppo gli atleti utilizzano in maniera spesso scorretta, inutile o addirittura dannosa le differenti tecniche e si genera sempre molta confusione su cosa si intenda con la parola "stretching". Cerchiamo di fare un po' di ordine.

Innanzitutto è utile specificare la grande differenza che esiste tra rigidità ed accorciamento muscolare. Nel primo caso il muscolo ha un'intrinseca predisposizione ad opporsi all'allungamento: la rigidità è tanto maggiore quanto velocemente avviene il movimento. Nel muscolo realmente corto, invece, è la mancanza di elementi strutturali a limitare il range di movimento, sia che lo si esegua velocemente o lentamente.

Per ridurre la rigidità l'approccio più efficace è quello di utilizzare tecniche di stretching dinamico a breve termine, tensionando il muscolo interessato tramite la contrazione del suo antagonista vicino al proprio limite, ogni volta per poco più di 1 secondo e poi uscendo dalla tensione; il tutto si esegue per un alto numero di ripetizioni (3-4 serie di 30-40 movimenti per ogni muscolo interessato). Con questo approccio si ottiene anche una migliore tolleranza del muscolo all'allungamento, predisponendolo al più facile utilizzo della forza elastica.

Al contrario, in caso di muscolo corto, dovrò necessariamente mantenere una posizione di allungamento a lungo termine per almeno 20-30 minuti consecutivi, altrimenti non si produrrà uno stimolo sufficiente a depositare nuovi sarcomeri in serie che rendono il muscolo più lungo. L'approccio più efficace consiste nelle "posture di allungamento" da eseguire 2-3 volte settimana per 8 settimane. È fondamentale ricordare che se un muscolo era troppo corto, qualche altro gruppo muscolare sarà stato troppo lungo: la correzione ottenuta con lo stretching non potrà essere stabile se non si effettuerà un pogramma di accorciamento e rinforzo dell'antagonista.

Un capitolo estremamente importante da valutare è poi quello della presunta capacità dello stretching di prevenire gli infortuni. Studi hanno dimostrato che non esiste un effetto protettivo dell'allungamento muscolare prima o dopo la prestazione, anzi in alcuni casi si è osservata un'incidenza di infortuni maggiore in chi faceva stretching regolarmente, specialmente se lo eseguiva in associazione ad esercizi di forza o prima dell'allenamento.

Tuttavia l'allungamento è importante per correggere diverse disfunzioni muscolari. Come va utilizzato allora per essere efficace e sicuro?
La condizione ideale è eseguire le tecniche di allungamento alla fine o lontano dalla seduta di allenamento. Va sicuramente evitato lo stretching intenso prima della fase attiva dell'esercizio e sicuramente prima della gara. Se utilizzato post allenamento bisogna ricordare che lo stretching costituisce un lavoro impegnativo per il muscolo e non va quindi eseguito in condizioni di affaticamento o indolenzimento.

Per i soggetti sani, quindi, il consiglio è di non eseguire lo stretching nelle fasi del riscaldamento, ma di abbinarlo eventualmente alla fase finale delle sedute di allenamento meno impegnative. Chi invece ha subito un infortunio muscolare o soffre di una tendinopatia cronica deve evitare lo stretching statico e prolungato fino al recupero completo.

Per chi volesse delucidazioni o avesse curiosità sull'argomento trattato può scrivere a nappo.fisio@fastwebnet.it